Da qui è nata l’Iniziativa per l’inclusione

Quattro persone sono in piedi davanti a uno stand colorato, una persona è in sedia a rotelle. Insieme stanno raccogliendo firme per l'iniziativa di inclusione in strada. Sullo stand è appesa una ghirlanda colorata con il logo dell'iniziativa.

Articolo scritto da Denise Carniel, membro del Comitato d’iniziativa dell’iniziativa per l'inclusione.

L’orgoglio per la nostra identità, quella di una persone disabili che non temono più la propria condizione ma la rivendicano e se ne riappropriano nella potenza del suo valore irripetibile.

Quello stesso orgoglio che pretende il riconoscimento dei diritti di cui ogni persona e è piena ed esclusiva titolare; diritti costantemente maltrattati, abusati, negati, violati ogni qualvolta ne venga meno la tutela e degradati a favori o concessioni nella convinzione della non sufficiente validità dei loro titolari. Quell’orgoglio che arde nella lotta ad un abilismo sistemico ogni volta che affligge e mortifica le nostre vite in ogni ambito, ad ogni livello e in ogni contesto: è un fatto che esiste una discriminazione sfinente da parte delle istituzioni, che non ci prevedono né provvedono a garantire la nostra autodeterminazione, ma anche da parte delle persone non disabili nelle quali quotidianamente ci imbattiamo, che noncuranti si permettono pensieri ed azioni lesive della nostra dignità e liberta.

Da qui è nata l’Iniziativa per l’inclusione, per ottenere finalmente quei riconoscimenti che vadano oltre il principio che per quanto meravigliosamente buono, una volta da applicare, trova mille ostacoli.

La verità è che fintanto una situazione non ci tocca, per quanto la solidarietà sia reale, non riusciamo a capirne l’utilità e ci basta occuparcene da lontano, è umano un comportamento del genere, ma accorgesene fa la differenza. I detrattori infatti pensano che quello che già c’e per le persone con disabilità basti, quando in realtà se visto da vicino, persino il diritto e il dovere che già esiste, è pieno di zone grige.

Sfumature che rendono complesso se non impossibile arrivare ad ottenere, ciò che è prescritto.

Per mancanza di fondi, di informazioni, di reti intercantonali, per le differenze tra regioni linguistiche, per mancato dialogo.

Per questo vorrei che chiunque non sia toccato personalmente dal problema, capisca quanto è importante sia, farsi portatore sano di speranza, e quindi essere dalla parte giusta.

Perché c’e da chiedersi, cosa resta.

Cosa resta di un attivista dopo giorni attaccati al telefono,dopo i post scritti con la penna che brucia, il controllo continuo delle mail e le notifiche dei social, video dove si ricacciano indietro le lacrime, le telefonate e i messaggi invocando l’aiuto delle persone che ti seguono, perché da solo non ce la puoi fare?

Ognuno di noi lotta con i mezzi che ha, e lo fa ogni singolo giorno, mettendoci il meglio che può in fatto di coerenza, racconto e verità. Mai dimenticarlo.

Cosa resta di noi, quando la tempesta si placa, e la notizia diventa troppo vecchia, i giornali dicono che il tuo caso non è più interessante, e intanto hai dato l’anima, la salute, hai sputato sangue mentre cercavi non solo di restare a galla, ma anche di dirigere la nave verso un posto migliore, più giusto per tutti?

Se facciamo questo, e abbiamo la forza di gruppo per farlo. Non è per narcisismo o sovraesposizione, non è coraggio: è sogno di un vivere migliore per tutti.

Nessuno di noi è felice di mettere in piazza le mancanze di un sistema più malato di noi, ma riteniamo un gesto politico farlo, per far si che non sia più possibile negare o ignorare il problema.

Perché non resti la tachicardia, l’ansia che ti fa esplodere il cuore svegliandoti nel bel mezzo della notte. Restan le lacrime che sgorgano appena ti svegli, o mentre sei al supermercato, perché il tuo corpo non ce la fa più a reggere il carico emotivo. Resta l’emicrania che ti dilania la testa dal dolore.

Io non lo so se grazie all’iniziativa cambierà qualcosa a lungo termine. Nessuno lo sa. Sicuramente non vedremo la fine delle discriminazioni sistemiche, e non so quante paladini contro tutto questo dovranno nascere dopo di noi prima di vedere qualche cambiamento.

Ma so questo:

Amiamo essere vivi, per quello abbiamo la rabbia che ci travolge come un incendio quando sentiamo che qualcuno minaccia la nostra qualità della nostra vita.

E’ ora di cambiare la storia.

Non lo so cosa resterà di questo periodo di condivisione, , però una almeno cosa bella crediamo di essere riusciti a farla, ossia di seminare in ognuno di voi la consapevolezza che vivere con meno libertà acquisite fa schifo ed è giusto quando accade parlarne, e provare a intraprendere percorsi per far si che il meglio sia.

Avete le armi per creare un mondo migliore e l’avete dimostrato in questi giorni, e non lasciate spegnere quel fuoco che muove ugnuno di noi, perché ci servirà ancora.

Saremo ancora più pront a combattere insieme qualsiasi tipo di esclusione.

Sono fiera di voi e vi voglio bene, l’inclusione è anche questo. Aprirci, all’altro. Al bene. Costruendolo.

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Seconda giornata nazionale di raccolta firme

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Il PEV è impegnato nell'iniziativa per l'inclusione